giovedì 26 aprile 2012

Memoria

Quei pochi lettori che, forse per caso, sono capitati su questo blog, avranno avuto difficoltà ad accedere agli album fotografici.
In effetti, ho rimesso ordine nelle foto, le ho raccolte sia per ordine cronologico (e fotografo), sia per località.
Naturalmente tutto ciò ha determinato la perdita dei corretti link.
Potrei rimetterli a posto, ma ho invece deciso di fare qualcosa di diverso, che serva anche, soprattutto a me, a fissare nella memoria il Paese, le sue caratteristiche, i suoi aspetti peculiari.
Nel post precedente avete il link a tutti gli album Guinea-Bissau e questo funziona.
Quindi, per gli impazienti, è possibile vedere tutto subito.
Poco per volta, posterò le immagini divise per località, con qualche pensiero e ricordo relativo ad ogni visita.
La situazione attuale del Paese sembra allontanare o comunque rendere difficile un nostro ritorno a breve. Speriamo ancora e intanto fissiamo nella memoria ciò che abbiamo visto e imparato.
A presto.

Una aggiunta di ottobre 2012: ho rimesso a posto i link alle foto in alcuni post di viaggio.
Qui di seguito, invece, le foto ordinate per località:

BISSAU: 

BAFATA’:

SAN DANIEL COMBONI:

CONTUBOEL:

COSSE’:

NHABIJAO:

XITOLO:

BAMBADINCA:

SAO FRANCISCO:

CAFAL – BEDANDA – CABOXANGUA:

SALTINHO:

CATIO’:

FLORA E FAUNA:



lunedì 16 aprile 2012

Tutte le foto

E' ormai passato parecchio tempo da quando siamo tornati dalla nostra indimenticabile esperienza. Almeno, a noi sembra parecchio, forse per la speranza di riuscire, prima o poi, a tornare.
Proprio di questi giorni è la notizia dell'ennesimo colpo di stato in Guinea Bissau! Proprio quando sembrava che alla morte del presidente stesse succedendo un'altra stagione politica, forse in grado di gettare le basi di un nuovo inizio.
Invece, è ancora tutto in alto mare, tutto indefinito e indefinibile; e non si capisce se l'origine è esclusivamente interna o se vi siano interferenze di altri paesi. Ciò che sembra indubbio è il fatto che, come quasi sempre negli ultimi tempi, un ruolo importante è da attribuire al commercio della droga e agli interessi che vi ruotano attorno: l'avidità di chi vuole mantenere il potere e la ricchezza acquisita e la volontà di chi vuole stroncare il traffico illecito. O sostituirsi agli attuali detentori?
Aspettando che la situazione si chiarisca e per non dimenticare quel paese, trovate qui il link a Picasa, dove ci sono tutte le foto del nostro mese di permanenza in Guinea Bissau. Alcune erano già state postate sul blog, altre sono inedite.
Nei diversi album, alcune foto sono ripetute: eravamo in due a fotografare e certamente alcune inquadrature piacevano a entrambi.
Magari, in futuro, troverete anche delle didascalie di spiegazione. Per ora non ancora. Accontentatevi di guardarle.
Un suggerimento. Ordinate le foto per "titolo album": vedrete prima quelle scattate da me, in ordine cronologico, e poi quelle scattate da Ica, ma sempre in ordine cronologico.

P.S.: andate al post successivo. Lì trovate i link corretti alle foto.

giovedì 2 febbraio 2012

Continua

Nell'ultimo post ho parlato di cose piacevoli e spiacevoli. Poi ho raccontato solo le piacevoli.
Anche perchè le spiacevoli sono molto poche e del tutto marginali. Cosa sono?
Il cambiamento di clima, arrivare a Malpensa con gli occhi ancora pieni di sole, con il ricordo di andare in giro in maniche di camicia; e trovare la normale temperatura di gennaio dei nostri paesi del nord. E, questa settimana, neve, neve e ancora neve.
Ma, a distanza ormai di quasi tre settimane dal nostro rientro, riusciamo ad andare più a fondo nella nostra esperienza e riusciamo a riconoscere come effettivamente ci ha cambiati, pensiamo in meglio.
Nella preparazione alla nostra visita e, speriamo, al nostro impegno, ci è stato detto più e più volte che è necessario cambiare mentalità e prospettiva e imparare a guardare e interpretare le cose con gli occhi e la mente degli abitanti del Paese.
Non credo di essere presuntuoso se affermo che questo atteggiamento è valido per tutti, non soltanto per chi intraprende un'attività "missionaria". Ed è valido in ogni tempo e in ogni luogo.
Missione dovrebbe essere riuscire a condividere con serenità e senza pregiudizi i pensieri e le esigenze degli "altri", mettendo in secondo, anzi in ultimo piano, i propri interessi, i propri desideri e i propri obiettivi.
Far propri i desideri e gli obiettivi dell'altro, anche se confliggono con i propri.
In questa ottica possiamo interpretare tutto ciò che, quotidianamente, noi inseriamo nella casella "missione".
Provate a pensarci, cominciando da ciò che, in questo blog, sembra più lontano.
Nel marketing di tutte le aziende compare lo slogan: "la nostra mission è la soddisfazione del cliente". Detto in inglese, forse per un residuo di imbarazzo nel modificare il vero significato della parola. Se così fosse, forse i clienti, di qualsiasi prodotto o servizio, sarebbero più contenti e soddisfatti. Ma sappiamo tutti che prevale non l'interesse del cliente, ma quello dell'azienda.
E cosa dire della politica o delle differenti e variegate amministrazioni pubbliche?
Quanti sono i politici che affermano che, per loro, fare politica e mettersi al servizio dello stato e dei cittadini "è una missione". E quanti sono quelli che interpretano questa missione a proprio uso, consumo e interesse?
Lascio a voi la fantasia di individuare quante altre volte la "missione" viene utilizzata non nel vero significato della parola, ma per nascondere la volontà di raggiungere solo i propri interessi. Che non devono essere soltanto di tipo economico. A volte sono prestigio, potere, desiderio, piacere, gratificazione personale, mal intesa vocazione.
La "vocazione" del medico dovrebbe essere quella di preservare la salute dei propri pazienti. A volte (o spesso) prevale l'umano desiderio di far vedere quanto si è bravi.
In una coppia, costituita da due persone che manifestano la volontà di seguire concordemente uno stesso cammino, voler bene all'altro/a si dovrebbe meglio esprimere con "volere il bene dell'altro/a". Anche se ciò comporta fatica e rinuncia.
" Non c'è amore più grande di chi dona la propria vita per gli altri".
Non è necessario intenderlo soltanto in senso letterale: la vita è espressa dai propri desideri e dai propri obiettivi. Occorre modificare la prospettiva: fare di tutto perchè GLI ALTRI, chiunque siano, possano raggiungere i propri obiettivi e desideri.
Ma se torniamo all'esempio della coppia, questo comportamento si traduce nel bene non soltanto di uno dei due, ma nel bene di tutti e due.
E non è facile! E non sempre ci si riesce! E spesso si viene anche fraintesi o presi in giro! E ancora più spesso si sbaglia!
Ma non per questo ci si deve arrendere.

domenica 29 gennaio 2012

Due settimane dopo

Sono già passati 15 giorni dal nostro rientro e abbiamo ancora negli occhi e nel cuore quel Paese e quelle persone.
Nonostante tutto quello che è successo in queste due settimane, che ha assorbito gran parte del nostro tempo e anche una buona parte di energie.
Prima le cose piacevoli: gli incontri, attesissimi, con figli, parenti ed amici. I racconti, le domande, gli approfondimenti.
Approfondimenti soprattutto per noi due.
Cosa abbiamo trovato?
Cosa ci portiamo a casa?
Siamo pronti a tornare, se ci verrà chiesto?
Abbiamo trovato un Paese prostrato dalla sua storia, che fatica a riprendere una via di sviluppo sociale (ed economico) stabile; che fatica a convincere gli altri delle sue potenzialità, soprattutto umane; che ha bisogno di ottenere la fiducia degli altri, a volte anche di chi si spende per aiutarlo. Queste fatiche sono dimostrate anche da quanto successo proprio nell'ultima settimana dello scorso anno: un tentativo di colpo di stato avvenuto il 26 dicembre, risolto nella stessa giornata, e del quale, come spesso accade in questi casi, non si ha una motivazione precisa. Un tentativo di colpo di stato di stampo politico, come già avvenuti nel recente passato? O, come ipotizzato da alcuni, un "regolamento di conti" all'interno delle forze armate, magari collegato a corruzione e droga?
Ci portiamo a casa la consapevolezza di cosa vuol dire "terzo mondo". Leggerne o sentirne parlare fornisce senza dubbio una buona informazione; toccare con mano, seppur marginalmente, è allo stesso tempo scioccante e spiazzante. Il confronto diretto fra il nostro mondo e "il terzo" fa comprendere quanto le cosiddette nostre difficoltà o paure siano spesso sopravvalutate. Che non vuol dire che le nostre difficoltà non esistono, anzi! Ma che gli eventuali sacrifici chiesti per poterle superare sono sopportabili: c'è grossa differenza fra rinunciare a un pasto al giorno o rinunciare a due settimane di ferie. Nel secondo caso si tratta di difendere, giustamente, diritti, principi, equità, stili di vita e tante altre cose importanti; nel primo caso si tratta di difendere la sopravvivenza!
Ci portiamo a casa un'esperienza unica, che ha modificato il nostro modo di pensare e, in parte, di agire.
Siamo pronti a ripartire? Sì! Aspettiamo, con ovvia ansia e impazienza, che ci venga dato l'ok. Non dipende solo da noi, altrimenti questo post parlerebbe di valigie e prenotazione di biglietti aerei. Secondo il modo di pensare africano: partiremo quando sarà il momento. E quando sarà il momento? Quando partiremo.

domenica 15 gennaio 2012

Ultimo giorno

15 gennaio 2012 - Siamo a Bissau, precisamente a Takir appena fuori città, nel centro Pime della Guinea-Bissau.
In attesa di essere accompagnati all'aeroporto per il ritorno in Italia.
Ieri siamo andati nella Bissau vecchia, al porto.
Purtroppo in ambiente spettrale: la città è deserta, negozi chiusi, nessuno in giro. Anche il porto, che ci hanno detto essere abitualmente pieno di gente e di venditori di pesce, è completamente vuoto e deserto.
A fine settimana scorsa è morto il presidente della Guinea-Bissau, ricoverato in Francia da più di un mese per grave malattia.
Ieri è stato il giorno di rientro della salma e oggi si sono tenuti i funerali. Quindi è stata una settimana di lutto nazionale; ieri hanno trasmesso per televisione il trasporto dall'aeroporto alla residenza ed è stato dichiarata giornata di chiusura di tutti gli esercizi commerciali e i posti di lavoro.
Oggi parecchie strade chiuse per il passaggio non solo del corteo funebre, ma anche per l'arrivo delle diverse delegazioni di paesi stranieri.
Alcuni si sono dichiarati sorpresi del fatto che persone, a volte mancanti dell'essenziale come il cibo, possano rinunciare a un giorno di lavoro o possano sobbarcarsi il costo di un trasferimento dalla loro città o tabanka per venire in capitale a rendere omaggio al presidente morto.
Eppure questo è, a mio parere, il segno di un paese che sta cercando la propria identità e si identifica in chi lo rappresenta e in chi, come il presidente appena morto, continuava a diffondere un messaggio di pace e di convinzione nel futuro. Che è concetto differente dalla speranza: è la certezza che i problemi si possono superare con la volontà e l'unione di tutti in un obiettivo comune.
E credo che questo sia anche l'obiettivo di chi viene in questo paese a svolgere una qualsiasi attività di supporto: riconoscere e accettare il loro obiettivo e adeguarsi ai loro metodi per raggiungerlo. Imparando dagli errori e ricominciando per altre strade, fino a imbroccare quella giusta.
In teermini egoistici, speriamo però che la cerimonia funebre e le sue conseguenze non abbiano risvolti negativi sui tempi della nostra partenza: la coincidenza a Lisbona per Malpensa parte 1 ora e mezza dopo il previsto atterraggio dell'aereo Bissau-Lisbona. Se questo volo dovesse, per qualsiasi motivo, partire in ritardo, potremmo perdere il volo di Lisbona e arrivare a Malpensa, anzichè in tarda mattinata, a pomeriggio inoltrato.
Sappiamo che troveremo i nostri ragazzi ad aspettarci e ringraziamo chi si è offerto di venirci a prendere. Dobbiamo anche riprendere possesso della nostra auto, poi arriveremo a Candia.
Per ora?
Lo sapremo fra non molto.
A presto.

venerdì 13 gennaio 2012

9 gennaio 2012

Come previsto, andiamo a Catiò. Domingo, l’autista del Vescovo, ci porta fino a Bambadinca, dove ci incontriamo con Silvia e Monica che ci porteranno da padre Maurizio.
La strada è simile a quella per San Francisco, ma migliore. Sono necessarie comunque quasi 4 ore e arriviamo giusto per il pranzo.
Padre Maurizio non c’è; era a Bissau e il suo arrivo è previsto fra poco o nel primissimo pomeriggio. Invece, arriverà per cena.
E l’ennesimo esempio del tempo africano: bisogna scordarsi gli orologi. Immaginate questo colloquio: “quando ci vediamo?” “quando arrivo” “e quando arrivi?” “quando ci vediamo”.
C’è padre Fabio che dopo pranzo (e dopo il riposo pomeridiano) ci accompagna in visita alla scuola locale, frequentata da circa 250 alunni suddivisi in due turni mattina-pomeriggio e su tre classi: una quarantina di studenti per classe.
Padre Fabio ci introduce in ogni classe, ci presenta con belle parole e chiede per noi il permesso di scattare qualche fotografia. Come in tutte le scuole del mondo, si vedono visi attenti e pronti, altri un po’ più apatici e altri ancora con la classica espressione del “cosa ci faccio qui?”.
E l’ora dell’intervallo. Ma non i nostri tradizionali 10/15 minuti. Circa un’ora.
L’intervallo viene utilizzato anche per fare una sostanziosa “merenda”, che per molti di questi studenti diventa cena e per alcuni l’unico pasto della giornata. La merenda viene fornita dalla scuola e consiste in un misto di riso e farina cotti in acqua e distribuito in ciotole che ogni studente porta con sé. Si crea una fila ordinata e molto lunga davanti ad un piccolo capanno, al cui interno una donna guineana, volontariamente, ha cucinato la “merenda” ed ora la distribuisce. La scuola è pubblica, ma autogestita: un comitato del villaggio/villaggi gestisce gli aspetti organizzativi e amministrativi della scuola, con l’aiuto dei missionari. Direttore e professori sono guineani. Anche qui esistono professori di ruolo e professori a contratto (i nostri precari). Anche qui i precari non hanno vita facile. La “merenda” è una forma di incentivazione alla frequenza della scuola: sapendo che i figli otterranno almeno un pasto, molti genitori inviano più facilmente i loro figli a scuola, anche le femmine. Poche di loro, però, arrivano conseguire il diploma. La giustificazione ufficiale è che le donne sono più negligenti; molte di loro, invece, sono già destinate al matrimonio prima del termine degli studi. Senza modificare tale tradizione, i missionari cercano di convincere le famiglie che il matrimonio non impedisce la frequenza scolastica. I risultati per ora sono scarsi, ma qualcosa si muove.
Poi ci accompagna all’asilo, tenuto da suore. E’ un’altra scuola, parificabile alle nostre elementari, privata. Bambini meglio vestiti, ma tradizione di “merenda” identica.
Nella struttura delle suore si fa anche informazione sanitaria e nutrizionale. Quindi formazione su quali siano gli alimenti più sani a seconda dell’età e formazione su come riconoscere i sintomi delle malattie più frequenti e come intervenire in prima battuta.
Come tutte le strutture delle suore, anche questa è molto ben tenuta e ordinata.
Rientro a casa e conoscenza di Giovanni, 29 anni, in Guinea-Bissau ormai da quasi 8 anni. Parla correntemente il portoghese, il criolo e il dialetto balanta, oltre a un piacevolissimo siciliano. Cura la “ponta” (tenuta agricola) della missione, è espertissimo di agricoltura, conosce il paese molto più di molti missionari, si arrangia (bene) anche con lavori pratici, dall’elettricità all’idraulica all’edilizia. Nella missione è stata appena inaugurata una biblioteca. L’edificio, un rettangolo di sei metri per dodici, suddiviso in tre ambienti, è stato costruito dai missionari, con mattoni fabbricati a mano da loro stessi, seguendo le istruzioni di Giovanni.
Le chiacchierate fatte con lui mi hanno fatto scoprire e capire alcuni aspetti non palesi della Guinea-Bissau.
Ci seguirà, il prossimo 11 gennaio, a Bafatà per impegni personali e avremo ancora modo di approfondire alcuni argomenti molto utile per capire Paese e situazioni.
Intanto è arrivato anche Padre Maurizio e possiamo metterci a tavola per la cena.
Domani, visita alla ponta e alle sue coltivazioni e visita alla scuola di cucito.
Poi, rientro a Bafatà, un paio di giorni per chiacchierare approfonditamente con il vescovo e tirare le somme della nostra visita.
Quindi, trasferimento a Bissau il 13 nel pomeriggio, visita della città e della radio Sol-Mansi, diretta da padre Davide Sciocco e domenica sera approdo all’aeroporto per il nostro ritorno in Italia.
Ci auguriamo che sia un ritorno temporaneo e che, a Dio piacendo, possiamo tornare presto qui.
Arrivederci in Italia.

5 gennaio 2012

Oggi è il giorno del picnic con i guineani che ci ospitano.
Gli italiani di Caboxangue ci hanno fatto sapere che non saranno presenti, per lieve malattia di due di loro. Preferiscono accertarsi che i disturbi non siano prodromi di qualcosa di serio e porteranno i loro compagni all’ospedale per le visite del caso.
In macchina percorriamo una decina di chilometri prima fra le piantagioni di cajù  e poi in mezzo alla foresta e arriviamo in riva al “Rio”. Non è un fiume, ma un’insenatura molto stretta, simile a un fiordo, nella quale si insinua il mare.
Lì è già presente, dalla notte, il pescatore che fa il suo normale lavoro e al quale è stato prenotato il pesce per il nostro pranzo.
La pesca è stata molto favorevole. Su un alto letto di rami secchi, costruito sopra un fuoco alimentato da altra legna, con poche fiamme e molto fumo, sono deposti una trentina di pesci di medie dimensioni. Si stanno lentamente affumicando, in modo da poterli conservare per il viaggio che dovranno fare fino al mercato più conveniente, dove saranno venduti senza l’assillo che vadano a male.
Appoggiati per terra, un’altra trentina di pesci di differenti dimensioni. Ce ne sono un paio che hanno lunghezza di circa un metro, altri, la maggioranza, simili ad orate o cernie, con peso medio di un chilo/un chilo e mezzo. Molto carnosi, con squame grandi quanto l’unghia di un pollice. C’è anche una piccola razza.
I guineani scelgono gli esemplari più adatti al nostro picnic, in totale una mezza dozzina, e incominciano a pulirli.
Le donne, intanto, preparano i bracieri. Tutto viene preparato lì sul posto: il riso, la pasta al sugo, il pesce. Le uniche cose portate da casa: bibite e acqua fresca.
Naturalmente, noi esploriamo il luogo e scattiamo fotografie (ve le faremo vedere al nostro ritorno!).
Il posto scelto per il picnic è lontano una cinquantina di metri dal bagnasciuga, sotto l’ombra di un poilon e di un mango. Il posto è utilizzato abitualmente dalle due famiglie e lì vicino c’è un vecchio container, dal quale vengono presi tavolini e sedie per quasi tutti.
L’ora è quella della bassa marea. Fra bassa e alta marea la linea del bagnasciuga varia di una ventina di metri. Proviamo ad arrivare all’acqua, ma è molto difficoltoso. Bisogna indossare sandali legati ai piedi: la fanghiglia è tale da ricoprire a volte l’intero piede e camminare scalzi non è consigliabile per la presenza di valve rotte di ostriche, molto taglienti. Provare ad addentrarsi con semplici ciabatte è un’illusione: fatti pochi passi, la ciabatta resta incollata al terreno e il piede non riesce a sollevarla. Per questo sono indispensabili sandali chiusi. Il pescatore, ovviamente, calza degli alti stivali. I bambini, invece, corrono a piedi nudi, come se niente fosse.
I più esperti sono già in acqua: fondale basso, molti metri da percorrere prima di arrivare a non toccare il fondo, distanza della riva opposta di circa trecento metri. Credo che, riuscendo ad entrare in acqua, si potrebbe arrivare dall’altra parte senza grosse difficoltà. Però c’è una discreta corrente che spinge verso l’interno. 
Noi italiani, escluso padre Lucio, rinunciamo al bagno.
La riva è piena di mangrovie e la conformazione del terreno dimostra che, secondo le condizioni climatiche, l’alta marea o eventuali mareggiate possono addentrarsi anche di 50/70 metri. Questa fascia è piena di conchiglie, rimaste sulla spiaggia dopo il ritirarsi del mare. I guineani evidentemente a volte fanno un po’ di ordine: in alcuni punti, infatti, ci sono monticelli di conchiglie, larghi 5/6 metri e alti circa mezzo metro.
Oltre alle mangrovie, che vivono proprio in riva al mare e sopportano l’acqua salata, a chiazze vi sono tappeti di piante grasse e altre erbe. Poi ricomincia la foresta, con piante di ogni tipo e di ogni grandezza.
Sui bracieri stanno arrostendo i pesci, tagliati in tranci per maggior comodità. Ogni trancio è spesso tre/quattro dita. Incomincia ad esserci un po’ di impazienza e di acquolina in bocca.
Il pranzo è pronto, il pesce è ottimo, sodo e saporito, la compagnia è eccellente, il posto è inimitabile, il tempo stupendo.
Normale abbocco pomeridiano, ricerca dell’ombra e della posizione più comoda, bimbi piccoli che vengono accomodati all’ombra e dormono beatamente.
Intanto sale l’alta marea e l’acqua copre la parte di spiaggia che prima era più cedevole e fangosa. Forse si può riprovare ad entrare in mare.
E in effetti ci riesco. Anche l’acqua è piacevole, inizialmente freddino, ma poi accettabilissima. La corrente si fa sentire, bisogna muoversi sempre per restare in linea con il punto di approdo. In acqua, oltre a me, ci sono padre Lucio, Enrico e i bambini. Sono quelli che si trovano meglio.
La canoa del pescatore è un tronco tagliato a metà, scavato e sagomato. E’ senza dubbio il sistema più economico e più immediato per avere un mezzo utile alla pesca. E non è certamente arretratezza. Le reti, infatti, sono di nylon con galleggianti in plastica. Ma la canoa è affascinante: affusolata, con i segni del machete sulle fiancate, perfettamente equilibrata. Occorre equilibrio ed esperienza anche per salirvi sopra, ma il pescatore sembra non fare alcuna fatica a starci dritto in piedi.
E’ quasi ora di rientrare, bisogna raccogliere e ricoverare tutto nel container, caricare persone e oggetti sulle macchine e ritornare a casa dove, a turno, faremo le nostre docce in economia.
Domani, rientro a Bafatà e permanenza lì fino al 9 gennaio. Poi ci aspettano a Catiò, presso la missione di padre Maurizio Fioravanti. E pensare che Catiò è dall’altra parte del braccio di mare dove abbiamo fatto il bagno. Potrebbero essere 5 minuti di traversata in barca e un’oretta a piedi. Prima o poi ci si riuscirà.