Sono già passati 15 giorni dal nostro rientro e abbiamo ancora negli occhi e nel cuore quel Paese e quelle persone.
Nonostante tutto quello che è successo in queste due settimane, che ha assorbito gran parte del nostro tempo e anche una buona parte di energie.
Prima le cose piacevoli: gli incontri, attesissimi, con figli, parenti ed amici. I racconti, le domande, gli approfondimenti.
Approfondimenti soprattutto per noi due.
Cosa abbiamo trovato?
Cosa ci portiamo a casa?
Siamo pronti a tornare, se ci verrà chiesto?
Abbiamo trovato un Paese prostrato dalla sua storia, che fatica a riprendere una via di sviluppo sociale (ed economico) stabile; che fatica a convincere gli altri delle sue potenzialità, soprattutto umane; che ha bisogno di ottenere la fiducia degli altri, a volte anche di chi si spende per aiutarlo. Queste fatiche sono dimostrate anche da quanto successo proprio nell'ultima settimana dello scorso anno: un tentativo di colpo di stato avvenuto il 26 dicembre, risolto nella stessa giornata, e del quale, come spesso accade in questi casi, non si ha una motivazione precisa. Un tentativo di colpo di stato di stampo politico, come già avvenuti nel recente passato? O, come ipotizzato da alcuni, un "regolamento di conti" all'interno delle forze armate, magari collegato a corruzione e droga?
Ci portiamo a casa la consapevolezza di cosa vuol dire "terzo mondo". Leggerne o sentirne parlare fornisce senza dubbio una buona informazione; toccare con mano, seppur marginalmente, è allo stesso tempo scioccante e spiazzante. Il confronto diretto fra il nostro mondo e "il terzo" fa comprendere quanto le cosiddette nostre difficoltà o paure siano spesso sopravvalutate. Che non vuol dire che le nostre difficoltà non esistono, anzi! Ma che gli eventuali sacrifici chiesti per poterle superare sono sopportabili: c'è grossa differenza fra rinunciare a un pasto al giorno o rinunciare a due settimane di ferie. Nel secondo caso si tratta di difendere, giustamente, diritti, principi, equità, stili di vita e tante altre cose importanti; nel primo caso si tratta di difendere la sopravvivenza!
Ci portiamo a casa un'esperienza unica, che ha modificato il nostro modo di pensare e, in parte, di agire.
Siamo pronti a ripartire? Sì! Aspettiamo, con ovvia ansia e impazienza, che ci venga dato l'ok. Non dipende solo da noi, altrimenti questo post parlerebbe di valigie e prenotazione di biglietti aerei. Secondo il modo di pensare africano: partiremo quando sarà il momento. E quando sarà il momento? Quando partiremo.
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